Lettera Internazionale: una rivista culturale
“Noi siamo per definizione una rivista ‘trasversale‘, termine che preferisco a ‘interdisciplinare’, spiega Biancamaria Bruno direttrice di Lettera Internazionale. Nel lontano 1984 “animatore del progetto fu Antonin Liehm, intellettuale e critico cinematografico cecoslovacco, protagonista della Primavera di Praga nel 1968 e poi esule negli USA e a Parigi, dove tuttora vive”. E’ un’idea nata mentre il mondo era ancora diviso tra Est e Ovest, che procede nel tempo coniugando autori classici e contemporanei ed ha ricevuto lo speciale “Premio Nazionale per la Traduzione“.
Intervista con Biancamaria Bruno
Direttrice di Lettera Internazionale
A cura di Silvia Maria Rossi
Lettera Internazionale è una rivista trimestrale europea di cultura che affronta i temi del dibattito culturale contemporaneo. Quando e in che contesto nasce Lettera Internazionale?
Lettera Internazionale nasce nell’estate del 1984, quando prese vita il progetto di un gruppo di riviste culturali autonome, pubblicate in diversi paesi europei nelle rispettive lingue e unite nell’obiettivo di favorire il dialogo tra le diverse culture del mondo attraverso la diffusione di una letteratura e di una saggistica di alto livello. Animatore del progetto fu Antonin Liehm, intellettuale e critico cinematografico cecoslovacco, protagonista della Primavera di Praga nel 1968 e poi esule negli Stati Uniti e a Parigi, dove tuttora vive, dopo aver insegnato alla Sorbona.
In Italia, l’idea di Liehm venne subito raccolta da Federico Coen che al tempo dirigeva MondOperaio, e che ha diretto la rivista fino a qualche anno fa. Il progetto di Lettera Internazionale, che è nato prima dell’Europa così come la conosciamo oggi, aveva l’obiettivo di combattere «il provincialismo delle grandi culture europee», cioè la tendenza delle varie culture nazionali a chiudersi nei rispettivi confini, perdendo di vista tradizioni e valori comuni e di contribuire alla formazione di un’autentica cultura europea. Tutto questo mentre il mondo era ancora diviso tra Est e Ovest.
L’idea era che il comunismo potesse essere sconfitto prima di tutto attraverso un’azione culturale che facesse conoscere gli autori “dissidenti” in Occidente. I contatti, all’epoca, non erano facili, e la letteratura, il reportage, la saggistica avevano una funzione reale, conoscitiva.
Che tipo di riviste culturali c’erano nel 1984?
C’era naturalmente MondOperaio, la rivista del Partito Socialista che Federico Coen aveva portato a essere una finestra sul mondo. Ricordo per esempio, alla fine degli anni Settanta, la mobilitazione degli intellettuali italiani e stranieri contro l’invasione dell’Afghanistan da parte dell’Unione Sovietica. MondOperaio, fino a quando è stata diretta da Coen (cioè il 1984, quando litigò con Craxi) è stato un grande esempio di dibattito culturale, da cui Lettera Internazionale ha sicuramente preso l’esempio.
Cosa fa della vostra rivista una Lettera internazionale?
Prima di tutto, la nostra vocazione iniziale, cioè quella di lavorare alla costruzione di un’identità europea attraverso la conoscenza e il confronto. Poi, naturalmente, la fortissima presenza di autori stranieri, che scegliamo perché portino in Italia i temi del dibattito culturale europeo e mondiale. Il nostro Paese risulta spesso periferico e ritardatario rispetto al resto d’Europa e noi, attraverso le nostre scelte tematiche, cerchiamo di risvegliare la curiosità dei lettori per quanto accade intorno a loro, allineando il nostro percorso editoriale non tanto allo standard di altre riviste culturali italiane, quanto a quello di riviste straniere.
Come sono coordinate le sei edizioni? Esiste un progetto comune o ogni edizione è indipendente?
Considerando che il progetto di Lettera Internazionale è nato ormai 26 anni fa, era inevitabile che il rapporto tra le diverse edizione si evolvesse: siamo tutte nate dallo stesso “padre”, Antonin Liehm, che aveva l’abitudine di mandare montagne di testi a tutte le edizioni. Senza imporre niente, però. Ognuna era libera di scegliere autori e temi, anche in base al proprio pubblico e ai gusti dei vari direttori nazionali. Da quando l’edizione francese ha dovuto chiudere, cioè dal 2000, le varie edizioni si sono forse allontanate un po’ l’una dall’altra, pur mantenendo uno stretto rapporto di collaborazione e di amicizia.
Oltre che Internazionale il vostro periodico è anche Interdisciplinare: i temi attuali del dibattito culturale contemporaneo vengono trattati sul fronte letterario, storico, filosofico, musicale, artistico, scientifico, politico, economico, antropologico. In termini concreti cosa vuol dire dare vita ad una realtà così sfaccettata?
Noi siamo per definizione una rivista “trasversale” – termine che preferisco a “interdisciplinare”. L’idea che sta dietro alla progettazione di ogni numero è che “tutto si tiene”: la cultura è una disposizione della mente, è curiosità per quello che non si conosce, è apertura a nuovi approcci e a riletture del passato e del presente. Cercare nuovi fili che legano la nostra realtà: è questo che ci piace fare, provando a costruire un “nuovo umanesimo dialettico” in cui i vari aspetti del reale si parlano e si chiariscono a vicenda. Anche per questo, sfruttando il nostro grande formato, da qualche tempo abbiamo deciso di sostituire la vecchia idea di “illustrazione” con un approccio iconografico diverso: collaborando con artisti italiani e stranieri e con varie gallerie d’arte cerchiamo di proporre percorsi di lettura più aperti e suggestivi, in cui immagini e testi dialogano, costruendo un “ipertesto di carta”, in cui il lettore si muove liberamente, scegliendo di cogliere gli spunti che preferisce e che lo incuriosiscono di più.
Com’è strutturata la rivista?
La rivista è una struttura assolutamente indipendente; è edita dall’Associazione culturale Lettera Internazionale e non appartiene a nessun “gruppo editoriale”. Questo vuol dire che è necessario un grande sforzo per farla vivere e per farla crescere.
Dal punto di vista operativo, abbiamo una redazione composta di tre persone, più un numero variabile di collaboratori che gravitano attorno alla rivista.
Lettera Internazionale ospita in ogni numero i contributi di importanti esponenti della cultura mondiale del passato e del presente: Foucault, McLuhan, Derrida, Brecht, Fo… per citarne alcuni. Come gestite questi contributi?
Non li gestiamo! Li pubblichiamo perché li consideriamo riferimenti importanti che hanno spesso bisogno di essere riportati alla memoria, non perché “grandi presenze del passato” da dissotterrare e poi da richiudere sotto naftalina, ma perché hanno qualcosa da dire a noi che viviamo nel presente e che cerchiamo di lavorare per il futuro. Spesso pubblichiamo nello stesso numero della rivista autori “classici” e autori contemporanei magari sconosciuti ai più: da questo accostamento, che può sembrare audace, nascono tanti nuovi significati, possibilità di confronto, nuove linee di riflessione. E siamo noi i primi a imparare dal lavoro che facciamo…
In che modo una rivista può porsi come strumento di critica e riflessione?
Prima di tutto, senza imporre nulla come se fosse il vangelo. Mantenendo un atteggiamento aperto e interlocutorio. Noi siamo solo suggeritori – non vogliamo dare risposte ma porre le domande in un modo diverso.
Chi vorreste che fossero i vostri lettori?
Tutti quelli che sono ancora capaci di curiosità e che preferiscono tenere le porte e le finestre della loro vita aperte piuttosto che chiuse.
Quali sono le soddisfazioni o i riconoscimenti più importanti che avete ottenuto nel corso degli anni?
Intanto, la prima grande soddisfazione è che ci siamo ancora, mentre tante riviste hanno dovuto chiudere nel corso degli ultimi anni. Nel 1997, il Ministero dei Beni culturali ci ha conferito lo speciale “Premio Nazionale per la Traduzione” per «l’attività che da sempre svolge dando vita a uno strumento permanente di dialogo e di confronto culturale al di sopra delle barriere geografiche, linguistiche e politiche». L’edizione italiana di Lettera Internazionale è presente in molti Istituti di Cultura Italiana all’estero, è ospite fissa al Salon de la Revue di Parigi, partecipa regolarmente alla Fiera Internazionale del Libro di Torino e alla Fiera della Piccola e Media Editoria di Roma, è partner di Eurozine ed è socio del CRIC – Coordinamento delle Riviste Italiane di Cultura.
Come valutate la vostra partecipazione a Magazines? Cosa vi ha spinto a partecipare?
La rivista è nata di carta e resta di carta. E non è facile conciliare la realtà “cartacea” con quella virtuale, anche perché i nostri contenuti richiedono un tempo di lettura e di assorbimento che non sempre ci sembrano compatibili con la velocità del web.
È vero anche che Magazines lavora proprio nella direzione di coniugare due realtà che sembrano incompatibili: velocità e cultura con, sullo sfondo, l’ambizione di creare una community ricettiva e informata – per Lettera Internazionale è perfetto!
L’altra cosa che ci piace e che ci assomiglia è che Magazines promuove cultura, non vuole “vendere” niente, non ha quel carattere commerciale che spesso rovina anche i contenuti migliori.
E questo emerge anche dalla vostre scelte editoriali che coltivano un’idea di cultura, cioè di dialogo, ad ampio respiro, in cui si perdono – come è giusto che sia – i confini tra arte e filosofia, tra musica e architettura. Si parla tra “diversi” per scoprire che siamo tutti uguali, che siamo tutti operatori culturali impegnati a costruire una consapevolezza e una sensibilità condivise.
Lettera Internazionale
Rivista trimestrale europea di cultura